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Thursday, 15 April 2021 15:20

Una casa minimal dal fascino enigmatico

Fare spazio all’essenza. Questo è lo stile minimal.

Abbandonare l’eccesso, la ripetitività, il decoro per la semplicità, una sorta di decluttering dell’arredamento per giungere al benessere e avere solo gli elementi essenziali che fanno stare bene.

È quello che ha scelto la committenza di un appartamento in Belgio: un grande open space si apre per contenere il soggiorno e accogliere un grande divano modulare rivestito con un tessuto naturale e affacciato su un grande camino e la sala da pranzo, anch’essa realizzata con complementi in legno naturale e sedie wishbone.

Ogni elemento è studiato nel dettaglio e posizionato come un’opera d’arte all’interno di una galleria, ampiamente valorizzato nelle sue linee semplici ma al contempo estremamente eleganti.

L’elemento circolare compare spesso come leitmotive mentre ci si aggira all’interno dell’abitazione: i vasi circolari che accolgono le piante da interno sono realizzati con elementi metallici che si rifanno alle applique a parete, anch’esse realizzate con un cerchio di metallo scuro sezionato per ospitare un piccolo contenitore in cui sono stati inseriti dei fiori colorati. Dei globi astrali che portano il visitatore in uno spazio ultraterreno e sognante, anche se sempre rigoroso, lasciando la mente libera di vagare. Anche per le luci la scelta è caduta su lampadari dalle forme circolari, che ricordano i pianeti di una galassia, per culminare con una applique speciale a led dalle sembianze lunari.

L’elemento umano, prettamente femminile, è composto dalle decorazioni a parete: da una parte, una composizione di piatti, delle più svariate colorazioni, tra cui quelli di Fornasetti ritraenti l’affascinante Lina Cavalieri, bellezza classica dallo sguardo enigmatico, dall’altra, una stampa moderna con una donna dalla testa che ricorda la Luna nel corridoio, fino al soggiorno, in cui si possono notare delle installazioni di metallo che ricreano le sembianze di volti femminili surreali.

Nel complesso un total white, spezzato e smorzato dal verde allegro degli elementi vegetali, dal legno naturale dei complementi e dal color antracite del metallo, usato anche sulle scale che portano al piano superiore, dove si trova un bagno del medesimo stile di tutta la casa: l’ambiente è ampio, pulito, rigoroso e…bianco. Al centro, una vasca da bagno con dettagli antracite sembra la protagonista dell’esposizione.

Ma il bello di questa casa è che tutto è connesso, ogni elemento comunica con l’altro con grande naturalezza: merito della superficie, che con continuità riveste il pavimento di tutti gli ambienti. Per creare questo effetto neutro e fluido è stato scelto Microtopping®, il rivestimento innovativo firmato Ideal Work® capace di rivestire qualsiasi superficie, in orizzontale e verticale, in soli 3 mm di spessore, creando spazi interconnessi e contemporanei di grande impatto.

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Thursday, 15 April 2021 15:13

Museo ZOYA: la forma contemporanea della memoria

Nel villaggio di Petrischevo, vicino a Mosca, è stato recentemente inaugurato il Museo ZOYA, progettato dallo Studio Architectural Buro A2M. Il museo è dedicato a Zoya Kosmodemyanskaya, che, per il coraggio dimostrato durante la Grande Guerra Patriottica Russa, fu insignita del più alto titolo onorifico dell’Unione Sovietica, Eroe dell’Unione Sovietica. Il museo sorge infatti vicino al luogo in cui Zoya fu catturata e giustiziata dall’armata tedesca nel 1941.

Situato su un grande terreno immerso nella campagna russa e circondato da un villaggio composto prettamente da edifici a un piano, il Museo è stato pensato come un complesso formato da diversi volumi indipendenti ma comunicanti tra loro attraverso un colonnato che corre lungo l’intero perimetro del museo.

Oltre ad avere un ruolo di unione, questo colonnato amplia l’area pedonale esterna coperta, fornendo inoltre uno spazio di transizione tra edificio e paesaggio.

L’edificio principale, che copre un’area di 2500 mq, si compone di due piani e un’area espositiva, una caffetteria, un negozio di articoli da regalo e tutti i servizi associati. Ogni sala è stata pensata come un volume indipendente con una propria funzione espositiva con punti di apertura sull’esterno: è così che quel paesaggio storico entra nella narrazione della mostra. Lo schema paesaggistico prevede invece un percorso pedonale di 50 m di diametro, che circola attorno ai monumenti storici della Grande Guerra Patriottica Russa: la statua in onore di Zoya Kosmodemyanskaya, un vecchio museo, la casa Kulik e il luogo delle esecuzioni. Nel complesso, il Museo Zoya appare come un luogo di memoria contemporaneo, ma che mantiene un legame unico con il passato.

La facciata esterna è composta da panelli di cemento armato, che accentuano gli effetti di luce e ombre e interpretano le forme delle case dei villaggi circostanti. All’interno, il minimalismo assoluto: l’uso di materiali naturali e dalle tonalità neutre consentono infatti di rendere l’esposizione la vera protagonista.

Proprio per questo per le superfici sono state scelte due soluzioni in grado di fornire le più elevate performance tecniche e la neutralità estetica necessaria a risaltare gli esposti: per la sua elevata resistenza al traffico, abrasione e durabilità nel tempo, Nuvolato Architop® è stato utilizzato per rivestire le pavimentazioni del museo, mentre per le pareti e per il bookshop è stato preferito Microtopping®, in grado di donare un effetto vellutato e accogliente al contesto.

Due soluzioni contemporanee e continue, ideali negli ambienti museali come questo per unire e ampliare gli spazi. Inoltre, l’effetto cemento, che sia quello graffiante e brutale di Nuvolato Architop®, o quello materico e soft di Microtopping® ben si abbina a svariati materiali e stili di arredamento, da quelli più eclettici a quelli più rigorosi come nel caso del museo Zoya, nei cui interni sono stati scelti arredi in legno naturale per creare un piacevole contrasto visivo, pur mantenendo l’armonia del tutto.

 

Architects: Architectural buro A2M

Area: 2500 m²

Year: 2020

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L’Ensanche di Barcellona è il secondo distretto della città, nonché una delle zone turistiche più conosciute. Il nome significa “espansione” ed è stato nominato in tal modo durante il processo di ampliamento delle aree urbane, che ha portato alla demolizione delle vecchie mura di Barcellona.

Proprio in questo quartiere è ancora possibile trovare numerosi palazzi storici di inizio ‘900. In uno di questi, e precisamene nel complesso storico delle Case Armenteras e Parellada, progettato tra il 1907 e il 1909 dall'architetto Arnau Calvet i Peyronill e oggi elencato come Patrimonio Architettonico nel Ensanche de Barcellona, si trova un appartamento dallo stile inedito; un meraviglioso esempio di unione del passato con il presente.

Il progetto di ristrutturazione è stato curato dall’Arch. Nicola Tremacoldi, il cui concept si è concentrato sulla valorizzazione  e adattamento del patrimonio architettonico. La sfida del progetto è stata proprio rispettare la qualità compositiva della pianta dell’appartamento disegnata dall’architetto, senza snaturarla: l’architetto si è così concentrato sulle zone giorno e ha creato un ampio e arioso open space unendo soggiorno e cucina. Il resto dell’appartamento è composto da un atrio, tipico degli appartamenti dell'Ensanche Barcelonesa di inizio XX secolo, tre camere da letto, due bagni, uno spogliatoio e un ripostiglio.

L’atrio forma un asse lungo 20 metri che comunica in tutte le stanze della casa ed è stato utilizzato per distribuire le strutture: è in questo spazio che durante i lavori di abbattimento del controsoffitto, è stata scoperta l’esistenza del tetto originale. È stato così progettato un cornicione aperto per lasciare la visione del soffitto originale e allo stesso tempo nascondere i condotti di condizionamento.

Ma ciò che risalta maggiormente in questa abitazione sono i pavimenti originari a mosaico Nolla, che con le loro tonalità calde e decorazioni, rappresentano l’elemento visivo più importante della casa: sono stati infatti svolti numerosi studi dei materiali e delle tonalità affinché ogni elemento fosse ben valorizzato. Lo si nota ancor più in cucina, dove è stata conservata la traccia fisica del muro che separava gli ambienti e che ora si trasforma in una sezione verticale, che supporta e aumenta la funzione estetica della cucina e della sua composizione. Questo muro sospeso è un gesto di Interpretazione manierista nel contesto modernista dell'Ensanche.

Per bilanciare i pesi di presente e passato, è stata scelta una cucina dalle forme minimaliste e in tonalità chiare e neutre, che contribuisce a rendere più luminosi gli interni e a dargli un tocco di modernità

Il rivestimento ha avuto il ruolo finale, quello di mettere in comunicazione il tutto senza eccessivi contrasti: per questo è stato scelto Microtopping® Ideal Work®, la soluzione cementizio-polimerica che consente di creare spazi unici e sempre su misura. Proprio la sua capacità di rivestire qualsiasi superficie, orizzontale e verticale, in soli 3 mm di spessore e le proprietà tecniche hanno consentito a Microtopping® di rivestire il piano cucina e i pavimenti che uniscono soggiorno e cucina.  La sua estetica vellutata e neutra ha consentito la massima libertà progettuale e di giocare con armonici contrasti con il pavimento originario, a rappresentazione di come il futuro comunichi sempre con il passato.

 

Architetto: Nicola Tremacoldi

Fotografo: Jordi Miralles

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Ideal Work® presenta Concrete Optik, il nuovo rivestimento polimerico cementizio che ricrea il brutalismo del cemento faccia a vista in soli 2 mm di spessore.

Il calcestruzzo è sempre stato amato nell’architettura moderna e soprattutto dalla corrente Brutalista per la sua duttilità ed elevata capacità espressiva. A cominciare dalle architetture di Le Corbusier, il cemento ha avuto il suo culmine artistico con lo stile unico di Tadao Ando, capace di dare al calcestruzzo un incredibile effetto vellutato grazie ad un uso inedito delle casseforme.

Oggi, questa tradizione rivive nella nuova soluzione firmata Ideal Work®, superando i limiti architettonici e di realizzazione del calcestruzzo tradizionale. Concrete Optik presenta un’estetica tipicamente industriale, capace di trasformare ogni spazio per donargli carattere e grinta.

Continuo e senza giunti, Concrete Optik riveste qualsiasi superficie verticale, pareti, piastrelle e mobili, e anche superfici curve, sia in interno che in esterno, in soli 2 mm di spessore. Proprio i bassi spessori rendono Concrete Optik ideale in caso di ristrutturazione, perché può essere applicato senza demolire la superficie preesistente.

Personalizzabile in un’infinità di colorazioni, Conrete Optik è la soluzione pensata per i perfezionisti del cemento, che possono così trasformare ogni spazio ricreando l’estetica rigorosa e industrial del cemento faccia a vista in soli 2 mm: la sua realizzazione è veloce e permette agli architetti di poter giocare con la creatività, posizionando eventuali cuciture o buchi tipici della cassaforma tradizionale secondo le proprie esigenze e gli effetti desiderati. Il risultato è sempre studiato su misura, grazie alla posa artigianale eseguita dagli applicatori autorizzati Ideal Work®: negozi, ristoranti, hotel, uffici, showrooms, musei e abitazioni private trarranno grande vantaggio da questa procedura innovativa.

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Era una delle centrali più grandi e moderne della Polonia, quella di Powiśle; e oggi, dopo un importante intervento di riqualificazione urbana, è divenuta un grande spazio in cui si trovano negozi, ristoranti, hotel e beauty halls aperti al pubblico.

Situata accanto alla Vistula Boulevards, a 15 min dal centro di Varsavia, la centrale elettrica era stata progettata nel 1904 per alimentare la città. Da allora, e soprattutto dal 1918, quando la Polonia riacquistò l’indipendenza e Varsavia era una città in rapido sviluppo, la necessità di maggiore potenza aveva portato ad una ulteriore espansione, bloccata dallo scoppio della seconda guerra mondiale. Sopravvisse anche a questa, senza smettere mai di alimentare la città di Varsavia, e nel 1955 venne installata una speciale unità di riscaldamento al solo scopo di servire il Palazzo della Cultura e delle Scienze. Solo il continuo sviluppo urbano, che costrinse alla demolizione di alcune parti dell’impianto, decretò la fine della sua attività, nel 2001.

Nel 2015 lo spazio ormai in disuso venne rilevato da Tristan Capital Partners e White Star Real Estate, che scrisse così un nuovo capitolo di storia di questa importante centrale. La ristrutturazione ha visto la commistione della storia con la modernità: fin dall’inizio, gli autori del progetto hanno voluto mantenere le mura storiche di “Elektrownia Powiśle”, cambiando solo lo scopo degli edifici, ma mantenendone il loro carattere. La storia affascinante, la posizione e l’imponenza architettonica hanno trasformato la centrale elettrica di Powiśle da edificio abbandonato a nuovo polo di attrazione di cui beneficerà l’intera città.

Per mantenere il più possibile il carattere e le mura originali, lo studio di progettazione ha attuato le stesse tecniche usate un tempo per costruire la centrale per sistemare i mattoni mancanti e recuperato molti elementi originali, riutilizzati come complementi per gli interni.

Per integrare le parti storiche con quelle moderne, serviva una soluzione contemporanea e in grado di dare quel carattere graffiante proprio dello stile industriale. È stato così scelto Nuvolato Architop®, la soluzione Ideal Work® che consente di superare i limiti di spessore e di peso del calcestruzzo tradizionale (elicotterato) di cui mantiene bellezza e robustezza, ma in un contesto di cura del dettaglio e di alto valore estetico e cromatico, qui utilizzato su un’area di 5000 mq.

Per l’elevata resistenza e la capacità di adesione, Nuvolato Architop® è indicato anche per il ripristino di grandi pavimentazioni industriali come quella dell’ex centrale elettrica Powiśle e per tutte le aree soggette all’alto traffico. E’ inoltre applicabile sia in interno, che in esterno, perché garantisce una eccellente resistenza agli agenti chimici ed atmosferici, all’abrasione, alla fessurazione e al gelo.

 

Credits Fotografici:

Adam Stępień / Agencja Gazeta

Dawid Żuchowicz / Agencja Gazeta

Dariusz Borowicz / Agencja Gazeta

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Nel centro di Zagabria, vicino all’area pedonale e all’interno di un edificio degli anni ’30 si trova oggi un moderno loft di 150 metri quadrati, recentemente ristrutturato dagli architetti Lea Pelivan e Toma Plejić di Studio UP, che lo hanno denominato “Loft Bianco”.

Autori di progetti architettonici importanti, tra cui il Gymnasium di Koprivnica, per la ristrutturazione di questo loft, gli architetti hanno deciso di creare una capsula lontana dal tempo, decisamente contrastante con gli esterni in stile razionalista dell’edificio.

Dell’appartamento, già in ottime condizioni, è stato mantenuto solo lo scheletro in cemento, mentre gli interni sono stati abbattuti e ridisegnati per dare una nuova disposizione agli spazi e creare una camera da letto in più e più aree bagno. Il loft è ora diviso in due zone: l’area giorno, caratterizzata da un ampio open space, rivolta verso la strada, e l’area notte, che osserva i giardini pensili. La ristrutturazione ha comportato anche la realizzazione di una piccola loggia, adibita a zona spa con vasca idromassaggio, inserita nel giardino d’inverno.

Ciò che salta subito agli occhi, una volta varcata la soglia è proprio lui: il colore bianco. Utilizzato in tutte le sue sfumature, il bianco riesce meglio di ogni altro colore a scardinare uno spazio dal suo tempo, donando al loft uno senso di eterno e di etereo. Oltre al bianco, gli unici altri colori che si scorgono sono il grigio, il marrone e l’oro, pochi elementi per conferire qualche tocco di comfort e pregio alla casa. I materiali utilizzati invece vedono il cemento, sia per i rivestimenti che per il soffitto, la betulla per le impiallacciature, il vetro stratificato con specchi e l’oro goffrato.

Una capsula lontana dal tempo, che con il tempo mantiene comunque un legame, e questo è dato dal soffitto in cemento armato a costine. Sebbene presentasse qualche imperfezione, gli architetti hanno deciso di esporlo nella sua forma originale, in quanto manufatto e testimonianza delle imprese ingegneristiche degli anni ’30.

“Ma la vera particolarità è stata la sperimentazione con il vetro: in collaborazione con l'artista Silvije Vujičić, sono stati fatti degli interventi con un rivestimento in vetro stratificato all'interno del quale è stato inserito un laminato resistente alla corrosione, tessuto con un foro riflettente o vetro goffrato con una struttura radiante dorata” - afferma l’Arch Lea Pelivan.

Il risultato è davvero unico: questi vetri specchiati creano infatti un effetto ottico unico, ampliando visivamente lo spazio. Lo stile graffiato e frammentato sembra inoltre creare una sorta di porta temporale che trasporta il visitatore in un’altra dimensione. Una vera opera d’arte.

Per fondere gli ambienti, contribuendo a creare questa capsula nel tempo, è stato utilizzato Microtopping® Ideal Work®, il rivestimento capace di rivestire in soli 3 mm di spessore ogni tipo di ambiente, in orizzontale e in verticale. Scelto nella colorazione white, Microtopping® è riuscito a fondersi completamente nello spazio, in armonia con tutti gli altri elementi.

Non finisce qui, perché ogni angolo della casa ha un aneddoto particolare, anche l’acquisto dei mobili! I proprietari, viaggiando spesso all’estero, hanno acquistato tutti i complementi d’arredo direttamente da Whatsapp, in comunicazione diretta con gli architetti nello showroom! Tutto in 30 minuti.

 

Architetti: Lea Pelivan e Toma Plejić di Studio UP

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Abu Dhabi, una moderna metropoli situata su un’isola nella parte sudorientale del Golfo Persico, nella Penisola Arabica, è capitale degli Emirati Arabi Uniti, e in quanto tale è il centro delle operazioni governative e amministrative.

Tra gli uffici governativi, ce n’è uno con una storia particolare, The Founder’s Office. “L’ufficio del Fondatore” prende nome proprio da quello dello sceicco Zayed bin Sultan Al Nahyan, conosciuto negli Emirati Arabi come il Padre Fondatore, nonché principale fautore della formazione degli Emirati Arabi Uniti, di cui è stato presidente fino al 2004, anno della sua scomparsa, ed è stato realizzato per sovrintendere tutte le attività nell’ambito della celebrazione dei 100 anni dalla sua nascita.

Da sempre lo sceicco era conosciuto come un presidente illuminato, così l’ufficio, progettato dallo studio Bluehaus, è stato concepito per portare avanti i valori di saggezza, rispetto, determinazione, lealtà, senso di appartenenza alla nazione e capacità di sacrificio che Zayed bin Sultan Al Nahyan aveva dimostrato durante gli anni di presidenza.

L’interno si struttura come un ampio open space dalle tonalità sabbia, per ricordare il vicino deserto; anche nel corridoio, una lunga vetrata a parete contiene all’interno della sabbia, ricreando il fascino delle dune che conducono il visitatore nella sala principale. Le tonalità sono calde e i materiali naturali, alternati da un mobilio grigio e minimale, che dona un tocco di contemporaneità al tutto.

I soffitti sono stati realizzati con un intreccio fatto a mano “Al Sedu”, un’antica tecnica di tessitura beduina nominata Patrimonio culturale immateriale Unesco; ma la vera particolarità di questo ufficio è data dalla reception: dietro il grande bancone, realizzato con una gigantesca pietra proveniente dalla vicina montagna Jabal Hafeet, i faretti che compongono l’illuminazione a parete sono stati disposti per rappresentare la costellazione che si trovava in cielo durante la notte della nascita dello sceicco.

A scandire gli ampi scaffali, gli intrecci dei soffitti e gli altri complementi presenti serviva una superficie neutra, che mantenesse questo effetto vellutato e caldo dell’ambiente e unisse gli spazi: è stato cosi scelto Microtopping®, la soluzione Ideal Work® capace di creare in soli 3 mm di spessore un ambiente contemporaneo e d’effetto. Oltre che per i pavimenti, essendo una soluzione applicabile anche in verticale, Microtopping® è stato utilizzato per rivestire anche le pareti del corridoio, in perfetta sintonia con il colore caldo della sabbia. Scelto in una tonalità neutra, Microtopping® si accosta perfettamente ai materiali naturali, come il legno o la corda, e riesce ad esaltare al meglio ogni complemento e accessorio di arredo con grande eleganza.

 

Designer: Bluehaus Group

Contractor: Al Tayer Stocks

Photographer: Chris Goldstraw

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Monumento minore di un centro minore, la sopravvivenza della piccola chiesa di San Rocco a Rotello, in provincia di Campobasso, aveva un futuro incerto, fino ad oggi, grazie al progetto degli Arch. Luigi Valente e Mauro di Bona.

L’antica chiesetta del ‘500, già negli anni ’60 convertita ad auditorium, è stata trasformata in una sede permanente di spettacoli e sala polifunzionale. Si tratta di una ristrutturazione che ha apportato un aggiornamento delle prestazioni strutturali, energetiche e funzionali. La facciata esterna non ha subito alcuna modifica importante: le mura in pietra sono state integralmente preservate, anche per nobilitare la chiesa rispetto alle schiere residenziali che la circondano.

È all’interno che gli Architetti hanno avuto modo di operare con maggiore libertà di azione: varcata la soglia lo stile cambia radicalmente, come un salto dal passato al futuro. Uno spazio black and white moderno, in cui attorno ai ranghi serrati delle cento sedute nere, tutte le superfici verticali e orizzontali sono state sbiancate, le loro variazioni materiche e volumetriche semplificate in una sobria sequenza di chiaroscuri.

Solo alcuni frammenti riscoperti emergono da questa coltre uniformante: le travi del tavolato di sottotetto, ricostruito in luogo della controsoffittatura modulare di epoca recente, e soprattutto una porzione del pavimento originale, ritrovato grazie al ribassamento completo del piano di calpestio. Unica eccezione cromatica nell’intera navata, il parterre di pietra richiama la materialità perduta del luogo e delimita con la sua presenza uno spazio di rispetto tra gli spettatori e la scena.

A pavimento serviva una superficie capace di uniformarsi con lo stile moderno e di fondere ogni elemento nell’altro, in armonia: è stato così utilizzato Microtopping® Ideal Work®, la superficie che in soli 3 mm di spessore è in grado di  rivestire superfici in orizzontale e in verticale, con continuità. Utilizzato nella colorazione white, nella chiesa di Rotello Microtopping® ha creato uno spazio unico, contemporaneo e visivamente più ampio.

 

Architetto: Luigi Valente e Mario di Bona

Fotografo: Stefano Pedretti 

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Tuesday, 17 March 2020 09:32

Fuoco e cemento: Burnout, by Francesco Feltrin

È quello che ha fatto con la soluzione cementizia Ideal Work® il designer Francesco Feltrin per il suo progetto Burnout.

Giovane designer e artista dal grande potere comunicativo, Francesco Feltrin inizia il suo progetto Burnout durante il secondo anno del master in Design Products al Royal College of Art, lavorando sullo studio della plasticità e versatilità del calcestruzzo. E da qui è nata l’idea di creare oggetti su piccola scala utilizzando in modo innovativo questo materiale. Tornato in Italia, ha così chiesto a Ideal Work® di creare una soluzione cementizia ad hoc per questo progetto.

Ispirato dalla tecnica utilizzata dall’architetto svizzero Peter Zumthor per la Cappella Bruder Klaus, Feltrin ha creato  degli oggetti di design su piccola scala, utilizzando in modo innovativo il calcestruzzo decorativo Ideal Work®  e il fuoco, elemento essenziale di questa collezione.

“Bachelard definisce il fuoco come qualcosa tra scienza e poesia, che è esattamente il punto in cui mi sono concentrato per il mio lavoro. In questo progetto il fuoco è stato effettivamente usato come uno strumento originale per scolpire i miei pezzi. Il processo di Burnout va nella direzione opposta a quella di un processo creativo comune, dove l'aggiunta, l'incollaggio e la saldatura sono possibili modi tradizionali per realizzare un oggetto; Burnout parla di progettare il vuoto che verrà poi cesellato dal fuoco.” Afferma Feltrin

Le opere di Burnout sono così create mediante la produzione di una forma utilizzando legno e carta di giornale inseriti in uno stampo, in cui viene successivamente inserita la soluzione cementizia. Alla fine, l’interno contenente la carta viene bruciato. Ma se ci si aspetta che questa venga spazzata via dalle fiamme, ciò non avviene: un piccolo strato rimane saldo, e così un materiale fragile, che nasce come usa-e-getta e destinato a sparire tra le fiamme, rimane e diventa qualcosa che potrebbe durare per decenni.

“Sto ancora lavorando sodo per definire un linguaggio di superfici bruciate, e sembra chiaro che il risultato sarà diverso ogni volta, anche quando si fa una serie limitata dello stesso oggetto. È il fuoco stesso che garantisce questo insolito effetto. Ho il controllo della forma generale, ma è il fuoco che definisce il pezzo finale, scolpendo il cemento e dandogli questo esito imprevedibile e incredibile.”

Il progetto Burnout è stato presentato al London Design Festival 2018, Decorex 2018, Collect 2019,  Salone del Mobile 2019 e London Design Festival 2019.

Chi è Francesco Feltrin

Laureato in Architettura presso l’Università degli Studi di Trieste, nel 2016 Francesco si trasferisce a Londra per seguire il Master in Design Products presso il Royal College of Art. È durante questo periodo che inizia a produrre le sue creazioni lavorando con il cemento e la ceramica.

Lo stile è da subito evidente: un linguaggio brutale, sperimentale, psichedelico, svincolato ma anche cerebrale e metodico. In una famiglia di falegnami e ingegneri meccanici, Francesco unisce questo universo scientifico e rigoroso alla spiccata sensibilità data dalla madre, insegnante di lettere; un binomio utile per la sua arte.

La sua mission: dare alla cultura un posto di rilievo all’interno della società, troppo focalizzata su questioni pratiche e immediate.

“Alla cultura serve tempo, al mio lavoro serve tempo, per studiare e scegliere i materiali. Per questo mi sono rivolto a Ideal Work® per il mio progetto Burnout: oltre a sviluppare dei prodotti innovativi e performanti, come Microtopping®, l’azienda nel mio caso ha sviluppato un prodotto specifico e su misura, dimostrando grande professionalità e profonda conoscenza del materiale.

 

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In provincia di Treviso, tra i vigneti da cui nasce il prosecco, si trova un nuovo ristorante, frutto di un importante progetto di recupero: La Ghiacciaia.

Anticamente una ghiacciaia di villa nobiliare di proprietà dei conti Pola-Neville, divenuta un deposito di munizioni durante la Grande Guerra e infine chiusa dai coltivatori locali intorno agli anni ’50 per questioni di sicurezza. Per inserirsi in questo contesto così intriso di storia, lo studio di Architettura MAO Architects ha così elaborato un complesso progetto di recupero dell’esistente che, affiancato ad un nuovo intervento, ne ha amplificato le specificità naturali.

L’edificio, un’area di 800 mq, risulta così equilibrato, nei volumi e nelle trasparenze, e valorizza il contesto in cui si inserisce. Particolare attenzione è stata rivolta alla geometria dell’impianto: tutta la nuova proposta progettuale relaziona gli assi geometrici e l’orientamento dei manufatti all’unico elemento geometrico superstite dell’antico assetto della villa, il muro di cinta.

L’entrata al ristorante viene raggiunta tramite i filari e il passaggio attraverso quella che era conosciuta come la grotta, un antro illuminato da luci a terra e che conduce nel cuore sotterraneo del “brochen”, l’antica ghiacciaia di fine ‘600. Qui, la caratteristica geometria dello spazio è ammirabile interamente grazie ai due livelli di pavimento in vetro.

Dalla ghiacciaia si arriva poi al bunker, caratterizzato da spessi muri in cemento armato, e successivamente alla nuova e moderna struttura, che contrasta armoniosamente con i materiali preesistenti, alleggerendoli e donando ariosità al tutto.

Si apre una cucina a vista affiancata alla corte verde, che, grazie alle pareti di vetro, comunica con l’ampia sala lounge illuminandola appieno. Questo giardino interrato è inoltre ispirato ai giardini d’inverno presenti nelle ville ottocentesche, e diviene il baricentro dell’edificio. Il legame con l’esterno è completato con uno spazio esterno panoramico sulle vigne su cui si sviluppa il dehor. Si tratta dell’antica orangerie, ricostruita sotto forma di tettoia, le cui colonne ammiccano nella loro forma ai tralci dei vitigni.

Sulla sommità della ghiacciaia, nel recupero del giardino esterno, sono stati inoltre ricreati sei spazi semi privati, circondati da essenze vegetali, che evocano sempre i luoghi in uso nei giardini sette-ottocenteschi, quando sulla cima di piccoli rilievi venivano collocati padiglioni dove sostare e godere viste sul parco o sulla campagna circostante.

La comunicazione tra passato e presente è centrale in questo progetto. Anche per le pavimentazioni e i viali esterni serviva una soluzione che avesse elevate performance tecniche, ed al contempo si integrasse armoniosamente nel contesto: è stato così scelto Sassoitalia® Ideal Work®, la pavimentazione per esterni che rievoca la grande tradizione italiana del “sasso lavato”.

Grazie alla possibilità di utilizzo di graniglie locali e naturali, Sassoitalia®  è ideale in contesti come quello de La Ghiacciaia, e permette una grande libertà progettuale.

Così come gli esterni, anche gli interni de “La Ghiacciaia sono il risultato di un’attenta scelta di geometrie e materiali, in linea con il DNA di questo luogo: cemento, vetro, acciaio, argilla di Possagno e pietra locale si legano in un’armonia collettiva. Lo spazio è estremamente curato ed elegante, adornato con elementi e richiami estetici studiati nel dettaglio. La sequenza in cui sono disposte le sale trasporta l’ospite ogni volta in una nuova dimensione, ma sempre seguendo un progetto coerente e armonioso, capace di arricchire il vissuto personale del singolo raccontando il passato del luogo attraverso una sapiente reinterpretazione architettonica.

Per favorire la continuità tra gli spazi, per la pavimentazione di tutte le sale interne, le scale e i bagni è stato scelto Lixio®+, la variante del pavimento alla veneziana Ideal Work® Lixio® caratterizzato da una maggior dimensione della graniglia e uno spessore maggiore. Lixio®+ riprende la più antica tradizione dei terrazzi alla veneziana, creati durante la Venezia dei Dogi e affermati in tutto il loro pregio durante il Rinascimento. Questa anima antica ricreata attraverso moderne tecnologie, fa di Lixio®+ la pavimentazione ideale per armonizzare e contribuire all’eleganza del tutto.

 

 

Credits:

Location: Pederobba - Treviso

Client: Teso Mauro

Architects leader: MAO Architects

Architects: Erich Milanese

Structural design: MP PLAN Engineering S.r.l.

Interior design and works management: MAO Architects

Construction company: Gruppo Cecchin Costruzioni Edili – La Maggiò Engineering & Construction

Photography: Marco Zanta

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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